Viola: atmosfere di Luce e Vita
Novembre porta con sé un silenzio profondo, quasi sospeso.
L’aria si fa immobile, le forme si dissolvono nella nebbia e il paesaggio sembra trattenere il respiro.
Il viola sorge in quest’atmosfera: un incontro tra luce e oscurità, tra la fine e l’inizio, dove i confini si fanno invisibili nella nebbia.
Come nei dipinti di Monet, in cui la nebbia del Waterloo Bridge diventa luce che respira, il viola rivela ciò che vive tra le cose, nei passaggi, nei veli.
Nella sua luminosità diffusa, non definisce, unisce: dissolve i contorni, invita al raccoglimento, apre uno spazio di interiorità. La luce si fa nebbia e la nebbia si fa luce: un gesto simile a quello che potrebbe avere un essere quando, prima della nascita, si avvicina alla Terra o quando, dopo la vita se ne allontana.
Claude Monet - Houses of Parliament in the Fog - 1903
Il viola chiaro, come un lampo o una fioritura improvvisa, evoca l’intuizione spirituale, la chiarezza del pensiero.
Il viola profondo, simile al colore del vino o ai petali della clematide, porta invece la gravità della responsabilità, la santità, la quiete interiore. È il colore della consapevolezza che matura nel silenzio, del peso dell’anima che si fa luce nel buio.
Il viola diventa così il simbolo del sogno che scende verso la terra, descrivendo la condizione prima della nascita, quando si culla nel pensiero “l’idea di un nascituro”: un pensiero vivente nel velo del mistero prenatale.
Claude Monet, Waterloo Bridge, Sun, 1903
Il neonato è tutto organo di senso: tutto lo attraversa, tutto lo forma.
Per questo, attorno a lui, occorrono pensieri morbidi, gesti sfumati, suoni dolci, come pennellate di un quadro. Cantare ninne nanne, ripetere filastrocche semplici, crea un’armonia che lo accoglie nel mondo.
Nei primi tre anni dopo la nascita, l’essere umano ripercorre in forma terrena ciò porta con sè come eredità dall’Umanità e ciò che è chiamato a sviluppare nella sua esperienza individuale:
Nel primo anno, conquista la verticalità: porta la volontà nel corpo, si solleva verso la luce.
Nel secondo anno, attraverso il linguaggio, pone il seme al mondo del sentimento e delle relazioni.
Nel terzo anno, dicendo “Io”, accoglie il germe del pensiero autonomo e della coscienza individuale.
Claude Monet, The Church of San Giorgio Maggiore, Le Grand Canal, 1908
Questo processo riflette la tripartizione delle facoltà umane: volere, sentire, pensare: un seme che cresce lentamente nella terra dell’esperienza.
Accompagnare un bambino in questi primi anni significa custodire il mistero del suo lento risveglio dal cielo alla terra, come un manto di nebbia che si posa e si dissolve alla luce del mattino.
Per accogliere un nuovo nato:
un nuovo talento o una risoluzione interiore possiamo
Mantenere un’atmosfera calma, semplice, ritmica.
Creare spazi di luce velata e colori soffusi.
Raccontare con parole dolci e ripetitive.
Cercare antiche filastrocche o ninne nanne, preghiere o mantra, osservare i toni del tramonto d e lasciarsi guidare dal respiro silenzioso .
“Stella stellina
la notte s’avvicina
la fiamma traballa,
la mucca è nella stalla
la mucca ed il vitello,
la pecora e l’agnello,
la chioccia ed il pulcino
ognuno ha il suo bambino
ognuno ha la sua mamma
e tutti fan la nanna.”